La normativa che riguarda il lavoro agile (cioè il lavoro da remoto nella Pubblica Amministrazione, negli altri comparti smart working, come viene comunemente chiamato in Italia) è in continua evoluzione. Se oramai è chiaro cosa è il lavoro agile (definito nell’articolo 263, comma I del DL 34/2020, Decreto Rilancio) e come applicarlo, ciò che cambia è la sua possibilità di impiego e la percentuale di lavoro agile applicabile in ogni ente pubblico. L’ultima innovazione è avvenuta con il DL 56 del 30 aprile 2021, che avvia un percorso di ritorno alla normalità per il lavoro negli uffici pubblici.
Le novità oggetto contenute nel decreto sono infatti:
- la proroga al 31/12/2021 della possibilità di ricorrere al lavoro agile con le misure semplificate;
- l’eliminazione della percentuale del 50% per il ricorso al lavoro agile;
- la riduzione dal 60 al 15% della previsione del lavoro agile, definita dal POLA.
In particolare, sul lavoro agile il comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 29 aprile indica che «fino alla definizione dei contratti collettivi del pubblico impiego, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, le amministrazioni pubbliche – valorizzando l’esperienza acquisita nella organizzazione e nell’espletamento del lavoro in modalità agile, particolarmente, durante la pandemia – potranno continuare a ricorrere al lavoro agile secondo le modalità semplificate stabilite dall’articolo 263 del Dl 34/2020 (il cosiddetto “decreto Rilancio”), ma senza più essere vincolate al rispetto della percentuale minima del 50 per cento del personale e a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini e imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza e nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Si avvia, quindi, un percorso di ritorno alla normalità, nella Pubblica Amministrazione, in piena sicurezza e nel rispetto dei principi di efficienza e produttività».
L’indicazione del Governo italiano è dunque chiara: non c’è più una soglia minima obbligatoria di lavoro agile; per questo assume rilievo il fatto che i dirigenti e/o responsabili, dopo oltre un anno di lavoro da remoto, devono avere le competenze per determinare le modalità di lavoro in smart working a prescindere dalle soglie previste dalla norma. Inoltre, tale modalità di lavoro dovrà essere oggetto di contrattazione; un argomento che sarà – nel corso di questa nuova stagione di definizione dei contratti del pubblico impiego – sicuramente al centro della discussione.
Per quanto attiene i piani del lavoro agile, o cosiddetti “POLA”, questi sono ridimensionati in armonizzazione con quanto previsto dal DL 56/2021 e, più in generale, con la volontà del legislatore. D’altro canto, il legislatore ha riscontrato che le modalità di lavoro agile non possano essere introdotte in maniera omogenea nelle diverse Pubbliche Amministrazioni. È evidente, infatti, che ogni ente presenti delle proprie peculiarità in relazione al contesto di riferimento e ai servizi erogati ai cittadini. Questo ne ha determinato un intervento in relazione all’individuazione delle soglie minime relative di lavoro agile.
Laureato in Scienze della Pubblica Amministrazione all'Università della Tuscia, dopo la laurea ho approfondito le materie amministrativo-contabili.
Dal 2014 lavora in Kibernetes, nella sede di Roma, dove ha affrontato i temi legati alle entrate tributarie e degli adempimenti amministrativi e contabili per le opere pubbliche. Attualmente si occupa della normativa sul personale.