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Il Ministero Economia e Finanze chiede agli enti locali una modifica sostanziale nell’ambito delle scelte di governo del proprio patrimonio immobiliare e ne è prova inconfutabile il cambio di rotta al quale abbiamo assistito con la riedizione dell’ormai noto “Adempimento degli Immobili al MEF” (dell’articolo 2, comma 222, Legge n. 191/2009), mutato significativamente rispetto al modus operandi e ai contenuti richiesti negli ultimi tredici anni. Tra le novità introdotte spicca l’eliminazione del valore contabile del bene (D.Lgs 118/2011) in favore invece di un corposo insieme di dati che, letti insieme, fanno emergere il possibile valore che ciascun bene immobile è in grado di generare, mettendo a confronto destinazione d’uso, regime giuridico di detenzione (sia esso attivo o passivo), effettivo utilizzatore, periodo di detenzione e canone eventualmente stabilito. L’attenzione è quindi rivolta all’interpretazione del termine: in Italia, infatti, sembra si sia per troppo tempo confuso il concetto di “valore del pubblico”, quello del bilancio del Comune, con “valore pubblico”, accezione più ampia e completa.

Il PAV
Questa visione trova immediato riscontro nelle modalità di utilizzo del Piano della Alienazioni e Valorizzazioni, nei suoi quindici anni di vita: come è noto, il PAV è il documento, approvato dall’organo di governo dell’ente locale o territoriale, da allegare al DUP, contenente l’elenco dei beni immobili, ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali, pertanto, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione, in base alle previsioni dell’art. 58 del D.L. n. 112 del 2008. E per fornire un’idea del potenziale di riferimento, basti pensare che il dato emergente dall’ultima comunicazione MEF disponibile (riferimento 2018) attesta in circa 31mila i fabbricati sul territorio non utilizzati.
Ebbene, non deve stupire se da un’analisi dell’ANCI su un campione di PAV in 34 Comuni italiani, capoluogo di provincia, distribuiti in 16 regioni, tutti i piani prevedessero esclusivamente o prevalentemente la possibilità di alienazione e solo in minima parte strumenti di valorizzazione (I Piani di Alienazione e Valorizzazione del patrimonio immobiliare dei Comuni italiani, IFEL Fondazione ANCI, 2015).

L’impatto ombra
Viene da chiedersi come mai e trovare velocemente una risposta, figlia delle continue crisi economiche che attraversano il nostro Paese: si preferisce infatti vendere – e velocemente – per immettere quante più risorse nei bilanci degli enti, senza tenere conto, in questo modo, dell’effetto provocato dall›alienazione: il cosiddetto “impatto ombra”, cioè i risultati che si sarebbero potuti produrre in caso di utilizzo dell›immobile e che invece a causa della sua dismissione non si potranno più avere. Il corrispettivo stimato, per essere congruo, dovrebbe quindi remunerare anche l’impatto ombra. Diversamente, l’alienazione determina una svalutazione, dunque un danno erariale.

Strumenti per valorizzare
Valorizzare, quindi, significa individuare le modalità che permettano la migliore fruizione ed utilizzazione socio-economica del bene da parte della collettività, attribuendo nuovo valore a ciò che in precedenza veniva trascurato. E gli strumenti a disposizione sono molteplici: concessione di valorizzazione, locazione, contratto di partenariato pubblico-privato, concessione del diritto di superficie, permuta, trasformazione del diritto di superficie in proprietà, alienazione. L’alternativa gestionale prevede l’attribuzione della proprietà interamente in capo al privato o la conservazione della stessa, optando per una gestione mista: l’Ente individuerà la scelta migliore sulla base dell’effettiva percorribilità nel mercato.
Le considerazioni fin qui proposte danno per scontato un prerequisito: che l’Ente conosca profondamente e completamente il proprio patrimonio immobiliare (condizione giuridico-amministra-tiva, condizione fisica, regime vincolistico, destinazione urbani-stica, etc.) per definire il quadro conoscitivo in grado di orientare la strategia di dismissione o di valoriz-zazione più adatta allo specifico bene.

Il ruolo del regolamento
Parallelo allo strumento del PAV e imprescindibile nella costruzione del quadro conoscitivo è inoltre il Regolamento Comunale per la cessione in uso a terzi di beni immobili di proprietà: ciascun ente, infatti, in virtù della potestà decisoria sulle cessioni del proprio patrimonio immobiliare (art. 13 c. 1 D.Lgs 267/2000) può stabilire criteri ispiratori e regole condivise in grado di orientare le future scelte di gestione, limitare la discrezionalità amministrativa e, soprattutto, contenere l’esposizione dell’ente a situazioni di danno erariale. Gli ambiti più sensibili al tema sono, ad esempio, la legittimità delle cessioni gratuite, le condizioni per un canone inferiore ai valori di mercato o le occupazioni illegittime laddove il bene sia occupato a fronte di un contratto scaduto.
Con riferimento al tema della gratuità, il dato emergente dall’ultima comunicazione MEF disponibile – anno 2018 – attesta in oltre 33mila i fabbricati dati in uso a privati a titolo gratuito. Non mancano certo gli esempi giurisprudenziali a confermarne l’attenzione: Parere della Corte dei Conti Sez. Veneto n. 33/2009, Sentenza della Corte dei Conti Sez. Sardegna n. 234/2013 o la più recente Ordinanza n.1157/2023 della Cassazione Civile a Sezioni Unite. In esse si ribadisce come la gratuità della cessione di un bene debba essere l’extrema ratio, adeguatamente motivata (ad esempio dimostrando il maggior peso in termini di utilità sociale per la comunità rispetto al ricavato economico) e coerente con le prescrizioni del Regolamento Comunale. La periodica revisione del PAV, in tale ottica, diviene momento cardine per una riflessione sulla corretta applicazione di tali principi e la definizione di nuove scelte strategiche gestionali.
In conclusione la definizione ed il rispetto di regole e criteri inerenti le modalità di cessione in uso a terzi di un bene di proprietà dell’ente permette di attuare una completa e razionale utilizzazione dei beni pubblici, assicurandone la più ampia fruibilità, per esempio attraverso concessioni migliorative su un bene inutilizzato, e di conseguenza, rappresenta concretamente l’applicazione pratica di quei principi di redditività ed economicità cui ogni ente deve ispirarsi nella gestione del patrimonio pubblico.

Responsabile Area Inventario e Patrimonio di Kibernetes | + articoli
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Esperta area patrimonio