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Duemilaventitré. Sono lontani gli anni del segreto d’ufficio quando, dalla nascita della Repubblica fino agli anni Sessanta, le uniche attività comunicative della PA erano orientate a fornire all’esterno un’immagine positiva delle istituzioni. Ed è stato ampiamente superato anche il periodo del modello informativo a senso unico, utilizzato fino agli anni Novanta, quando il cittadino veniva considerato come un individuo passivo, che non andava ascoltato o reso partecipe, ma solo imbottito di informazioni. In Italia, infatti, a partire dalle riforme amministrative del 1990, grazie alla Legge n.150 del 2000 e a tutte le successive direttive, si è arrivati a istituzionalizzare la comunicazione pubblica e a riconoscerla come attività fondamentale volta a valorizzare gli enti pubblici e a instaurare con i cittadini un rapporto basato su trasparenza, ascolto, partecipazione e semplificazione.
Il principio di trasparenza, inteso come accessibilità totale delle informazioni, viene introdotto in seguito all’istituzione dell’AGID, Agenzia per l’Italia Digitale, nel D.Lgs n.33/2013 e obbliga gli enti a rendere pubblica la documentazione su ogni aspetto dell’organizzazione e dell’attività amministrativa.

La comunicazione nel web 2.0
Oggi però, a distanza di oltre vent’anni dalla legge dedicata alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni (Legge n.150/2000) è necessario fare nuove riflessioni in seguito alle importanti trasformazioni che la tecnologia ha portato nell’ultimo quindicennio, dato che le esigenze di comunicazione e le sfide della PA sono fortemente cresciute.
Da un modello trasparente si è passati a una comunicazione pubblica relazionale, conversazionale e della condivisione, grazie alle piattaforme digitali che permettono una costante connessione tra i cittadini.
Infatti, in seguito all’impiego dei social media da parte delle amministrazioni, non obbligatorio ma ampiamente sperimentato e spinto soprattutto dalla pandemia da Covid-19, sono emerse nuove esigenze e addirittura nuove figure professionali utili a gestire una comunicazione che ha assunto una conformazione più articolata e sfaccettata.
Il “Censimento permanente delle istituzioni pubbliche” curato dall’ISTAT evidenzia come il 41,9% delle istituzioni italiane utilizzi i social media nelle interazioni con gli utenti, un dato inferiore solamente a quello dei siti web, obbligatori per legge.
Il dato, però, si abbassa notevolmente quando si esaminano comuni medio-piccoli, all’interno dei quali mancano le risorse per poter gestire professionalmente le pagine social. Pertanto l’introduzione e l’uso dei social media sono passati da una sperimentazione intraprendente a un periodo di caos che, in molti casi, non ha ancora portato a una istituzionalizzazione del canale comunicativo.
Eppure, secondo una ricerca dell’Istituto Piepoli, 8 italiani su 10 ritengono utile che la PA dia informazioni e servizi tramite i social, e che questo venga fatto attraverso un linguaggio semplice e colloquiale, con utilizzo di immagini e video. Il dato rimane pressoché invariato anche se si considerano esclusivamente i meno giovani: il 72% degli italiani con più di 54 anni ritiene che i social siano ormai un mezzo con cui ricevere informazioni utili dagli enti pubblici.
L’unica interfaccia obbligatoria rimane però il sito web, in base al D.Lgs n.82/2005, ma è importante ricordare che già nel 2000 l’art. 2 della Legge n.150 specificava l’importanza di un mix comunicativo che consentisse all’amministrazione di veicolare i messaggi istituzionali.
A questo proposito si parla di multicanalità, uso combinato di diversi canali per coinvolgere e dialogare con il cittadino, termine che trova un riconoscimento formale nella normativa italiana con la direttiva Qualità dei servizi online e misurazione della soddisfazione degli utenti, emessa dal Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie nel 2005.
Recentemente, nel 2020, si è anche discusso sull’importanza di una riforma della Legge n.150/2000 e si è creato un tavolo di lavoro ministeriale da cui sono emersi specifici punti per la modifica del testo normativo, tuttora in discussione.

Gli obiettivi strategici dell’Europa
Intanto, in Europa, a partire dal Trattato sull’Unione Europea (TUE) firmato a Maastricht nel 1992, la comunicazione è sempre stata rilevante, inizialmente con una funzione prevalentemente informativo-propagandistica, per migliorare la percezione dell’UE e delle sue istituzioni, poi sempre più concentrata a riconoscere il diritto all’informazione e la libertà di espressione come elementi fondamentali della democrazia.
Di recente, il piano strategico 2020-2024 definito dalla Commissione Europea sostiene la centralità della comunicazione nel dare nuovo slancio alla ripresa post crisi, attraverso specifiche azioni tese a favorire il piano di ripresa economica NextGenerationEU per risanare le perdite causate dal Covid-19 e attuare il Green Deal europeo, un programma di azioni mirate per contrastare il cambiamento climatico.
Ecco infatti che nell’articolo 34 del Regolamento UE 2021/241 si obbliga il Soggetto Attuatore a riportare, e promuovere, il fatto che il progetto sia finanziato dal PNRR.
Inoltre, l’articolo 12 presente in tutti gli Avvisi PNRR impone che il Comune si impegni a fornire un’adeguata diffusione e promozione del progetto.

Gli obblighi sulla comunicazione del PNRR
Questo significa che le amministrazioni hanno il vincolo di inserire il logo dell’Unione Europea all’interno di tutti i documenti e che è necessario attuare delle campagne di comunicazione mirate alla valorizzazione dei progetti realizzati grazie ai fondi PNRR, in modo da informare tutti i cittadini.
L’Europa chiede quindi di creare consenso intorno all’operato dell’amministrazione, specificando che i servizi e i lavori eseguiti a favore della cittadinanza non sono stati realizzati con i fondi comunali, ma grazie agli aiuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato dal Consiglio europeo.
Ora, la sfida delle PA sarà quella di creare delle campagne strutturate, multicanale, che siano chiare, riconoscibili, credibili e che rispettino i criteri del messaggio pubblico, utilizzando forme espressive di vario tipo, tra cui contenuti testuali, immagini, video e infografiche che riescano a valorizzare il messaggio e creare conoscenza e consapevolezza negli interlocutori.
Il PNRR diventa quindi un’opportunità per aprire nuovi scenari, per concretizzare finalmente il ruolo della comunicazione pubblica e darle un senso all’interno delle attività dell’amministrazione, in modo che possa diventare un vantaggio per i cittadini e un valido aiuto per gli enti, utile a creare un rapporto di fiducia con la comunità e un’importante occasione di visibilità.

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Esperta di comunicazione, si occupa di graphic e web design. Docente di comunicazione e web marketing.