Il Next Generation EU presentato alla Commissione Europea il 30 aprile 2021 ed approvato il 22 giugno, rappresenta la sintesi di disegni e desideri d’unità ed integrazione Europea espressi sin dal Manifesto di Ventotene. Tra i testi ispirativi e fondativi dell’Unione Europea, il Manifesto esprime le ambizioni di una comunità unita e collegiale soprattutto nelle scelte strategiche della sfera politico-economica.
Il Next Generation EU nasce da un’iniziativa comune e dalla presa d’atto che l’Europa per concretizzarsi è, o deve essere, un soggetto politico in grado di progettare il futuro autonomamente per i propri cittadini. Realizza infatti l’impiego di un vero e proprio debito comune europeo volto a finanziare investimenti stabiliti in modo collegiale, a seguito della pandemia mondiale, per 750 miliardi.
Rappresenta quindi un programma di sviluppo Europeo per gli europei.
Molte sono le sigle che si avvicendano nel proiettare lo stesso significato a questi fondi (Next Generation EU, Recovery Fund, React Eu, etc.) che in termini pratici supportano piani di investimento ed intervento di ciascun Paese membro dell’Unione. L’italiano Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, “Italia Domani”, riguarda 235,14 miliardi di euro, di cui 30,64 provenienti da risorse nazionali, articolati in 6 missioni corrispondenti a 6 aree d’investimento (M1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività cultura e turismo; M2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica; M3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile; M4 – Istruzione e ricerca; M4 – Inclusione e coesione; M6 – Salute) e 16 componenti.
È necessario a questo punto sottolineare il parossismo, forse logico e conseguente, del fatto che il maggior paese beneficiario delle risorse in termini assoluti (Italia) sia quello in coda nelle classifiche che segnano lo sviluppo dei paesi europei. Divario ancora più evidente se paragonato a paesi di grandezza simile.
Nella crescita media del Pil l’Italia è da oltre 20 anni sotto la media dei Paesi “avanzati” dell’Unione, così anche per quanto riguarda salari e tassi di occupazione (con differenziali ancora maggiori se si guarda all’occupazione femminile e ai giovani). Tra gli ultimi per investimenti in ambito pubblico a livelli, finora, inferiori a quelli della grande crisi finanziaria del 2008. Ad accentuare questo un continuo aumento della forbice di crescita tra Nord e Sud Italia, con quest’ultimo che ha visto il dimezzamento della spesa per investimenti pubblici negli ultimi 15 anni. La spesa in ricerca e sviluppo, innovazione e digitalizzazione è più bassa della media UE.
Tutto ciò è corso in parallelo con l’aumento continuo del debito che attualmente, dopo la Grecia, è il secondo in rapporto al PIL per grandezza tra tutti i paesi dell’Unione. Davanti al quadro del passato e alle sfide del presente è evidente come l’impiego delle grandi risorse del PNRR esprima la misura di come l’Italia vorrà definire il suo futuro.
Laureato in Economia, dottore commercialista. Dopo aver lavorato in uno studio privato, entra in Kibernetes dove si occupa di analisi dei dati di mercato ed elaborazione dei trend e statistiche