L’orizzonte temporale estremamente limitato entro cui concludere gli interventi relativi al PNRR ha portato importantissime novità per l’ottimizzazione dell’attività amministrativa. Il nodo da sciogliere è stato quello di individuare strumenti amministrativi che consentano di realizzare quanto prima (e non oltre il 2026) il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, evitando di incorrere in eventuali lungaggini per contenziosi.

Esempi in questo ambito sono l’intervento nel procedimento (art. 9, l. 241/1990), la comunicazione per i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza (art. 10 bis), gli accordi sostitutivi o integrativi del provvedimento (art. 11), le conferenze di servizi (art. 14), gli accordi fra amministrazioni (art. 15), il silenzio assenso (art. 20) e anche la nomina dei responsabili del procedimento.

Tutti questi strumenti, quindi, permetteranno un dialogo e una semplificazione nei rapporti tra pubblica amministrazione e portatori di interessi legittimi nell’ottica di una pronta realizzazione del PNRR.

All’interno di questo tema si inserisce la sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato del 23 aprile 2021, emanata in sede Giurisdizionale. Una sentenza che è stata definita “storica”: la responsabilità della pubblica amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa (oppure per il mancato esercizio di quella doverosa) ha natura di responsabilità da fatto illecito (ex art. 2043 c.c.).

Dopo anni di orientamenti contrastanti sul punto – i quali avevano prospettato la natura di tale responsabilità come contrattuale (ex art. 1218 c.c.) o addirittura da “contatto sociale” – il Consiglio di Stato in adunanza planaria ha statuito in modo definivo la vera natura della stessa. Ciò rappresenta un faro per la pubblica amministrazione ed anche un segnale di svolta.

La responsabilità da fatto illecito, infatti, non riguarda un rapporto contrattuale bensì attiene all’obbligo di un soggetto di non ledere i diritti altrui cagionando un danno ingiusto. L’ingiustizia del danno si concretizza, quindi, se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo lede un bene della vita del privato che quest’ultimo avrebbe avuto in virtù di un titolo già posseduto oppure che avrebbe potuto ottenere dall’amministrazione, secondo la storica dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi (ex art. 7 c. 4. D.Lgs. 104/2010, Codice di Procedura Amministrativa).

La svolta, quindi, attiene al corretto comportamento dell’amministrazione proprio al fine di non incorrere in un risarcimento danni.

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Alessandra Maria Spirito laureata in giurisprudenza, appassionata di diritto amministrativo e degli enti locali. In Kibernetes erogatrice di servizi e progetti nell'area Contabilità e Patrimonio