L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando sempre più il modo di lavorare e i risultati più significativi si ottengono quando l’IA incrementa le capacità delle persone, piuttosto che rimpiazzarle.
Il grande impatto dell’IA nel lavoro quotidiano negli uffici e nelle fabbriche ha portato molti interrogativi, soprattutto rispetto alla relazione tra persone e macchine, in uno scenario competitivo, in cui le macchine molto spesso sostituiscono le persone.
Tralasciando le distopie alla Matrix, nella più prosaica realtà quotidiana, l’IA è già una realtà in moltissime organizzazioni, ma quali sono le migliori pratiche? Come si ottiene il meglio dall’IA? Da uno studio di James Wilson and Paul Daugherty del 2018 condotto su 1.500 compagnie che hanno già stabilmente introdotto l’IA nei propri processi è emerso chiaramente come le migliori performance si ottengono quando IA e persone lavorano insieme. Tanto che oggi è più corretto parlare di “intelligenza collaborativa”, proprio perché la collaborazione tra persone e IA intensifica i punti di forza di entrambi: ci sono “mansioni” molto complicate per le macchine, come ad esempio, scherzare, mentre altre che per le persone sono virtualmente impossibili, come analizzare gigabyte di dati, che per i sistemi di AI sono molto facili. Da un lato la leadership, il teamwork, la creatività e le abilità sociali degli esseri umani, dall’altro la velocità, la scalabilità e le capacità quantitative dell’IA.
Cosa possono fare gli esseri umani per l’IA?
Gli esseri umani giocano un ruolo cruciale in tre ambiti:
- insegnare alle macchine il “come fare”
Molti algoritmi hanno bisogno di addestramento per arrivare a fare ciò per cui sono stati progettati. Per questo addestramento, gli esseri umani sono cruciali.
Cortana, l’assistente virtuale di Microsoft ha richiesto un’équipe formata da un poeta, uno romanziere ed un drammaturgo per avere un tono sicuro, premuroso ma non troppo autoritario, mentre per Siri la Apple ha sviluppato un carattere più impertinente, proprio per riflettere meglio il brand.
- spiegare i risultati di questi compiti, specie quando le macchine producono output comprensibili soltanto agli specialisti.
- assicurarsi che le macchine funzionino in maniera appropriata e sicura: pensiamo ad esempio alla tematica della prevenzione da incidenti per le auto a guida assistita.
Cosa può fare l’IA per gli esseri umani?
I sistemi di IA possono espandere le abilità umane in tre modi:
- amplificare le abilità analitiche e di decision making, fornendo informazioni corrette ed appropriate, ma anche dar spazio alle capacità creative delle persone.
- interagire con gli esseri umani per liberarli dai compiti ripetitivi,per consentire di concentrarsi su compiti più complessi. Ad esempio, nell’assistenza i bot possono rispondere alle richieste di base, mentre le persone in carne ed ossa posso essere dedicate a risolvere problemi di secondo livello.
- estendere le loro capacità fisiche, sostituendo le persone nelle catene di montaggio e in mansioni che richiedono forza fisica per sollevare pesi.
Le organizzazioni dovrebbero ridisegnare i propri processi di business focalizzandosi nell’usare l’intelligenza artificiale per raggiungere una maggiore flessibilità e velocità operativa, una più ampia scalabilità, un miglior decision-making e focalizzarsi sulla personalizzazione di prodotti e servizi.
La lezione è chiara: le organizzazioni che usano l’IA solo per l’automazione del lavoro non coglieranno il potenziale dell’IA, mentre la vera sfida è trasformare le operazioni, i mercati e, non meno importante, la forza lavoro.
(Wilson e Daugherty, 2018)
Re-immaginare i processi non significa soltanto adottare sistemi di IA. Piuttosto, richiede un particolare impegno nello sviluppare nei dipendenti le “fusion skill”, ossia le abilità di interagire con le interfacce uomo-macchina, abilità che in un futuro non troppo lontano guideranno anche il ridisegno dei ruoli lavorativi. Anche nella pubblica amministrazione.
Per approfondire:
https://www.amazon.it/Human-Machine-Reimagining-Work-Age/dp/1633693864/